Il nido di ghiaccio

Prima edizione

Dati di base

Prima edizione Mondadori marzo 1989. Pagine 128. Copertina rigida e sovra coperta. In copertina, Beata Beatrix, di Dante Gabriele Rossetti. ISBN 88-04-32424-4. Premio selezione Campiello 1989.

Quarta di copertina

Nella Milano in macerie del primo dopoguerra (*) un ragazzo diventa a poco a poco il tutore di un padre malinconico, vittima di malattie immaginarie e persecutore dei famigliari: dio fallito che coinvolge nel suo destino il figlio, per segnarne in modo indelebile l’adolescenza. Un isolamento progressivo allontana il ragazzo dai coetanei pronti a correre l’avventura sull’onda di Gershwin, e trasforma la sua vita in un surrogato fantastico, dove le bellezze di una tabaccaia acquistano le sembianze di una fata profanata e la musica di Gershwin non accompagna l’avventura ma solo un sogno. Vani i tentativi di emancipazione, i progetti di fuga. Alla segregazione definitiva del padre, e alla sua trasfigurazione, sopravviverà il figlio che, in modi imprevedibili, quanto fatali, si riconoscerà in una sola immagine: quella dell’intruso.

Storia di un’angoscia covata nell’adolescenza, per coglierne nella maturità i frutti amari e tossici, questo nuovo romanzo di Giampaolo Rugarli deriva il suo titolo da una metafora di Emily Dickinson, di crudele, straziato nitore. Pathos grottesco e dilatazione comica trovano una mirabile scansione nel piccolo coro famigliare dove spicca, tra le note e i volteggi di un tango argentino, il personaggio memorabile della nonna, inesorabile nella lucidità con cui giudica e non assolve il figlio. E i fondali anneriti e crollanti della Milano in ricostruzione, illuminati dalle insegne colorate di cinema fiabeschi e dalle luci della Scala inaugurata da Toscanini, fanno da contrappunto grandioso alla paralisi di una vita.

Moderno romanzo di formazione, disperato e visionario, Il nido di ghiaccio ci narra la realtà dolente di un’adolescenza tradita e suggella la maturità espressiva di uno scrittore.

(*) [“primo dopoguerra” va inteso qui come i “primi anni dopo la fine della seconda guerra mondiale”, non, come comunemente si usa, “dopo la fine della prima guerra mondiale”. N.d.C.]

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